Il fuoco di Sant’Antonio, conosciuto in medicina come herpes zoster, è una malattia virale che si presenta con un’eruzione cutanea molto dolorosa e ben riconoscibile. Viene causato dalla riattivazione del virus della varicella, lo stesso che molte persone hanno contratto da bambini.
Anche se dopo la guarigione dalla varicella il virus resta “silente” nel sistema nervoso, in certi momenti della vita, soprattutto nei periodi di forte stress o quando le difese immunitarie sono più basse, può riattivarsi, manifestandosi sotto forma di fuoco di Sant’Antonio.
Viene naturale quindi chiedersi: quanto dura questa condizione? E soprattutto: il dolore si risolve oppure può durare più a lungo di quanto si immagini? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e aiutarti a comprendere meglio questa malattia.
Quanto dura in media e cosa influenza il decorso
In genere, il fuoco di Sant’Antonio ha una durata media di 2-4 settimane, anche se il decorso può variare sensibilmente da persona a persona. Tutto dipende da diversi fattori: l’età del paziente, lo stato del sistema immunitario, la rapidità con cui si è iniziata la terapia antivirale e la presenza di eventuali complicazioni.
I primi sintomi possono iniziare con una sensazione di bruciore o formicolio su un lato del corpo, accompagnata da stanchezza, mal di testa e, a volte, febbre. A distanza di qualche giorno, compare l’eruzione cutanea vera e propria: vescicole piene di liquido che si dispongono lungo il decorso di un nervo, spesso su torace, schiena o volto.
La fase acuta, in cui le vescicole sono presenti e attive, dura in media 7-10 giorni. Durante questo periodo, la pelle è infiammata e molto sensibile, e il dolore può essere anche molto intenso. Poi le vescicole iniziano a seccarsi, formando croste che cadono gradualmente nell’arco di altre due settimane circa.
In alcune persone, il decorso può essere più rapido e le lesioni si risolvono in una decina di giorni; in altri casi, soprattutto in pazienti anziani o immunodepressi, la guarigione richiede più tempo.
Va detto che, anche dopo la scomparsa delle croste, è possibile che il dolore continui, un condizione chiamata nevralgia post-erpetica che rappresenta una delle complicanze più comuni e fastidiose del fuoco di Sant’Antonio, soprattutto dopo i 60 anni. In questi casi, il dolore può durare mesi, e in rari casi anche più a lungo, richiedendo terapie specifiche per il trattamento del dolore cronico.
Come intervenire per accorciare i tempi e ridurre i sintomi
La regola d’oro quando si parla di fuoco di Sant’Antonio è: prima interviene, meglio è. Riconoscere i sintomi in fase iniziale, prima ancora che compaiano le vescicole, permette di iniziare subito una terapia antivirale.
I farmaci a base di aciclovir o altri antivirali simili sono molto più efficaci se assunti entro 72 ore dalla comparsa dell’eruzione cutanea, perché agiscono limitando la replicazione del virus, riducendo la durata della malattia e attenuando l’intensità del dolore.
Oltre alla terapia antivirale, spesso vengono prescritti anche antidolorifici, antinfiammatori o farmaci specifici per il dolore neuropatico, come la gabapentina o la pregabalin. In alcuni casi, per calmare il prurito o il fastidio della pelle, vengono usate creme topiche o impacchi freschi.
Ma più dei sintomi visibili, ciò che spesso spaventa è il dolore, che può essere bruciante, pulsante o simile a una scossa elettrica. Proprio per questo, è importante non sottovalutarlo e parlarne con il medico fin da subito.
Nel frattempo, è utile evitare di graffiare o toccare le vescicole, mantenere la pelle pulita e asciutta e, se possibile, indossare abiti comodi che non irritino ulteriormente la zona colpita.
La malattia non è contagiosa in sé, ma può essere trasmesso il virus a chi non ha mai avuto la varicella, motivo per cui è bene fare attenzione al contatto diretto con le lesioni.